A caccia di muoni nel Parco archeominerario di San Silvestro
La Miniera del Temperino, nel Parco archeominerario di San Silvestro, è oggetto dalla fine del 2017 di un’importante attività sperimentale, condotta in sinergia da fisici e geologi dell’Università di Firenze, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Si tratta di un’attività scientifica che mira alla realizzazione di una radiografia dello spesso strato di roccia che si trova al di sopra della galleria visitabile della miniera, andando alla ricerca di gallerie note o sconosciute e di pozzi minerari di epoca etrusca.
A tale scopo è stato installato all’interno della miniera il rivelatore MIMA, acronimo di Muon Imaging for Mining and Archaeology, un dispositivo all’avanguardia per l’identificazione delle deboli tracce di un particolare tipo di particelle, i muoni.
L’analisi dei flussi e delle traiettorie dei muoni rilevati nella galleria del Temperino permette di studiare lo strato roccioso soprastante, dando così la possibilità di identificare le zone caratterizzate da materiali molto densi (eventuali depositi di materiale metallico) e quelle caratterizzate da ampie cavità (gallerie scavate o vuoti naturali).
Questa metodologia d’indagine non invasiva è stata utilizzata dallo stesso gruppo di ricerca in uno studio analogo effettuato nel 2017 presso la Galleria Borbonica a Napoli, nella quale è stata identificata una cavità non conosciuta, e da altri gruppi di fisici all’interno della Piramide di Cheope a Giza in Egitto, dove ha permesso di scoprire una grande camera nascosta.
Per sapere qualcosa in più sullo studio compiuto nel Parco Archeominerario di San Silvestro abbiamo fatto alcune domande a Lorenzo Bonechi, responsabile del team di fisici che si stanno occupando dell’attività sperimentale.
Cosa vi ha spinto a scegliere il Parco di San Silvestro per il vostro studio?
“La metodologia di indagine che stiamo sviluppando, basata sulla tecnica di radiografia muonica, si presta bene allo studio di spessori di materiale particolarmente elevati. Questo è legato al fatto che i muoni atmosferici, presenti in natura senza l’intervento dell’uomo, sono dei “proiettili” dotati di energie molto elevate e costituiscono una radiazione estremamente penetrante. All’inizio della nostra sperimentazione cercavamo un sito sotterraneo dove poter installare un rivelatore di piccole dimensioni ad una profondità di 50-100 metri rispetto alla superficie. L’idea di base era quella di avere, al di sopra del punto di installazione, alcune cavità note di origine naturale o antropica. La proposta di effettuare le misure nella galleria del Temperino è nata da contatti con un collega geologo che ha lavorato in passato al parco di San Silvestro. La scelta finale, dopo il consenso della Direzione del parco, è stata validata anche sulla base di considerazioni logistiche e sulla possibilità di avere, all’interno della galleria, una linea elettrica e una linea dati”.
Quale importanza ha, ai fini dello studio che state svolgendo, il rivelatore MIMA che avete posizionato nella Miniera del Temperino?
“Il rivelatore MIMA è un sistema in grado di rivelare con alta efficienza il passaggio di muoni e ricostruirne la traiettoria di moto con una buona risoluzione angolare (circa mezzo grado). Questo tipo di misura viene fatta in modo abbastanza usuale da vari gruppi di ricerca in ambito sia nazionale che internazionale, generalmente all’interno di laboratori attrezzati, ma l’installazione in siti complessi e “inospitali” come le miniere, i siti archeologici, le pendici di vulcani etc. richiede l’utilizzo di rivelatori appositamente progettati. In questi ambiti è infatti richiesta una strumentazione, leggera, compatta, di dimensioni limitate, a basso consumo di potenza, resistente agli urti e a condizioni atmosferiche diverse. La strumentazione deve essere semplice da trasportare e installare, in grado di restare in misura per mesi senza necessità di interventi. MIMA è stato progettato appositamente per questo scopo ed è l’unico rivelatore di muoni con queste caratteristiche attualmente presente nell’ambito della ricerca a Firenze (e credo anche in Toscana), uno dei pochissimi in Italia. L’altro gruppo italiano che sta facendo un’attività analoga alla nostra è un gruppo di Napoli, che usa un tipo di rivelatore molto diverso, e con il quale abbiamo già collaborazioni in atto (in effetti anche nella collaborazione MIMA ci sono colleghi di Napoli)”.
State svolgendo attività parallele in altri luoghi che possano essere confrontate con gli studi in corso nel parco di San Silvestro?
“No, in questo momento le altre applicazioni che stiamo sondando sono molto diverse. Ad esempio lo studio di cavità all’interno di argini fluviali e uno studio preliminare per valutare la fattibilità di una radiografia della Cupola del Brunelleschi al Duomo di Firenze. In prospettiva vorremmo fare un test all’interno di una galleria d’ispezione di una Diga per valutare lo stato di conservazione della struttura. Si tratta in tutti i casi di configurazioni molto diverse, sia per la geometria, sia per i materiali. L’idea di base è quella di sondare l’applicabilità di questa metodologia in ambiti molto diversi. Quello minerario sembra quello più promettente”.
Cosa avete individuato di interessante nelle rivelazioni fatte sino ad oggi e cosa ci dobbiamo aspettare dal proseguo dello studio?
“Lo scopo iniziale era quello di mettere in evidenza la presenza di una cavità nota, in modo da poter dimostrare che le cavità fossero effettivamente individuabili anche se nascoste in spessori di decine di metri di roccia. Per questa ragione abbiamo posizionato il rivelatore MIMA al di sotto della Gran Cava. La prima misura effettuata ha messo in risalto la presenza di questa cava come un segnale molto chiaro nei dati raccolti. Gli stessi dati lasciano intravedere anche la possibile esistenza di ulteriori cavità non mappate. Le ulteriori misure effettuate da diverse postazioni e le altre ancora in programma dovrebbero servire a vari scopi:
- Permettere una triangolazione delle varie anomalie riscontrate nei dati, in modo da poter indicare con buona precisione la posizione delle eventuali cavità;
- Permettere lo sviluppo di algoritmi di ricostruzione 3D della distribuzione di densità dei materiali presenti nel volume che osserviamo con MIMA.
Nel nostro gruppo di fisici ci sono un dottorando e un laureando, affiancati da assegnisti, ricercatori e professori, che stanno lavorando per questo.
Un nuovo progetto, quindi, che, seguendo la strada che sta alla base dell’esperienza dei Parchi della Val di Cornia, di considerare il parco come un laboratorio di costante sperimentazione, anche scientifica, va ad aggiungere ulteriore dinamicità a questa realtà”.